Lo stile comunicativo dei volti mediatici dell’emergenza Covid-19

“Non si può non comunicare” cita il primo degli assiomi della comunicazione della scuola di Palo Alto (California), di cui uno dei maggiori esponenti fu Paul Watzlawick. Un fattore che abbiamo voluto mettere alla prova analizzando alcuni dei volti mediatici dell'emergenza Covid-19. Se da un lato, infatti, troverete come fonti contesti istituzionali, in cui i discorsi sono scritti, gli atteggiamenti misurati e gli abbigliamenti hanno tutto il tempo di essere curati, dall'altro lato abbiamo provato a definire gli stili comunicativi che emergono in cinque tra le figure più esposte a livello mediatico durante questa emergenza, avvalendoci di una materia della psicologia definita “programmazione neurolinguistica” (PNL).

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Le parole della pandemia COVID-19

L’infezione di origine virale COVID-19, provocata dal virus SARS-CoV-2, meglio noto come (nuovo) Coronavirus...quanta complessità in questa frase e quanta confusione può generare, più o meno consapevolmente. In questo articolo si affronta la comunicazione d’emergenza trattando le parole della pandemia. Alcune sono state predominanti nella fase iniziale, altre si sono fatte largo dal punto di vista mediatico nell’attesa del picco di contagi, altre si intravvedono all’orizzonte. Questo articolo è stato scritto nei giorni di presunto apice dei contagi in Italia, sarà interessante scoprire insieme se il futuro ne riserverà altre, oltre a quelle fin qui individuate.

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