“Scrivo da un paese che non esiste più" è uno degli incipit giornalistici più famosi della storia. Giampaolo Pansa, inviato de La Stampa, inizia così l'articolo che venne pubblicato sul giornale due giorni dopo l'esondazione massiva di migliaia di metri cubi d'acqua dalla diga del Vajont, che la sera del 9 ottobre 1963 spazzò letteralmente via la vita di 1.910 persone nel sottostante paese di Longarone. Da qui partiamo, per comprendere le dinamiche che ancora possono aiutarci nel comunicare un disastro, sia esso di origine naturale o antropica.
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L'empatia in emergenza: una necessità umana
La comunicazione in fase di emergenza acuta è, oltretutto, spesso frenetica e confusionaria. Gli operatori del soccorso devono fornire istruzioni chiare, rassicuranti e dirette a individui spesso traumatizzati o sotto shock. La capacità di comunicare in modo efficace è un elemento essenziale. L'empatia è, infatti, la capacità di comprendere e condividere i sentimenti e le emozioni di un'altra persona. È un tratto umano essenziale per i professionisti del soccorso, che si trovano spesso a dover affrontare situazioni di emergenza in cui le persone sono sotto stress e in difficoltà. Può fare la differenza tra una risposta al disastro efficace e una disorganizzata. Bisogna tuttavia anche riconoscere che i professionisti stessi sono persone, sotto stress e in difficoltà, perché da loro dipende la buona riuscita o meno del soccorso stesso. Come si può comunicare in modo efficace dal punto di vista emotivo finché si è nella fase acuta di un'emergenza?
Dal momento che rappresenta una tra le risorse più rilevanti per i legami sociali, migliora l'autenticità delle relazioni e l'efficacia comunicativa, è doveroso ricordare che secondo lo psicologo Martin Hoffman1 l’empatia ha una componente affettiva, alimentata fin dagli scambi del neonato con i genitori, cognitiva che viene appresa in termini razionali con la crescita e motivazionale, derivante dall'incontro con le sofferenze altrui. Inoltre, può essere appresa, può essere utile per trovare una forma di felicità e forse, in alcuni casi dalla limitatezza di vedute, quella personale è necessario veicolo per comprendere quanto ci sia il bisogno che gli esseri umani facciano ogni azione possibile per assicurare quella collettiva.
L'emergenza umanitaria è terreno di dialogo
Il dialogo da intendersi in chiave hegeliana è strumento per comprendere il divenire della realtà. Rappresenta uno scambio che genera relazione e questa offre un nutrimento reciproco. Prendersi cura dell'altro che in un dato momento della propria vita non dispone degli strumenti materiali e morali di cui possiamo disporre noi, significa curare l'umano quale creazione. In questa veste la responsabilità di chi ha la possibilità di intervento è alta, perché determina la sopravvivenza della persona prossima, ma anche di quella lontana che può essere tale nello spazio o nel tempo.
In un senso così ampio, significa, anche e se volessimo vedere una utilità individuale, prendersi cura del sé potenziale. Le condizioni di vulnerabilità e di esposizione a un pericolo dovrebbero alimentare il senso di solidarietà, in un'ottica più ampia di quanto si viva nell'istante di vantaggio o svantaggio estemporaneo. Se non per un istinto di sopravvivenza della specie, questo potrebbe essere mosso da dottrine secolari, come il karma induista e buddista o la compassione cristiana, dimostrando così, oltre a questa anche quella forma di riconoscibilità delle proprie emozioni e la capacità di gestirle a favore delle relazioni teorizzata da Goleman1. Dagli operatori del soccorso ci si attendono comunicazioni chiare e concise, dall'altro lato è necessario creare un rapporto di fiducia con le persone coinvolte passivamente nell'emergenza stessa.
Due sono i motivi per cui è utile allenarsi all'empatia quanto più possibile nel quotidiano, prima di un'emergenza e qualunque sia il ruolo, rappresentante delle istituzioni o operatore di soccorso:
- l'empatia può aiutare i professionisti a comprendere il punto di vista di chi subisce l'emergenza e questo permette di trovare le parole, gli strumenti e i canali più comprensibili e appropriati
- comunicare in modo comprensibile favorisce, dal punto di vista oggettivo la velocità di intervento e potenzialmente di ripresa, dal punto di vista prettamente soggettivo la percezione di comprensione e rispetto nelle persone coinvolte, che diventano così più propense a fidarsi dei professionisti del soccorso e a seguirne le istruzioni.
Conclusione
Dato il panorama che oggi si delinea, sempre più complesso e strutturato2, si può ben comprendere quale sia la valenza strategica di una formazione ad hoc per i rappresentanti delle istituzioni e per gli operatori di soccorso in materia di comunicazione d’emergenza. Significa dare valore a percorsi di vita che spesso sono complessi, in cui spendersi per ideologie richiede argomentazioni e dati oggettivi, non dichiarazioni estemporanee. Chi opera per la collettività deve sentire la responsabilità dell'adoperarsi per gli altri, un impegno orientato alla volontà di mediare la propria presenza fisica e tradurla in presenza morale, verso uno spessore umano necessario, in un'ottica di utilità ben oltre la propria figura personale.
1 Daniel Goleman, Intelligenza emotiva, Bur, Milano, 2011.
2 Rosling H., Factfulness, Rizzoli, Bolonga, 2018.
1 Martin L. Hoffman, Empatia e sviluppo morale, il Mulino, Bologna, 2008.
Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, a Steccato di Cutro, 94 persone sono morte e 11 sono risultate disperse (al 15 aprile 2023) a seguito del naufragio di un caicco sovraccarico di persone, alla ricerca di una vita migliore di quella lasciata nelle terre natali. In balia del mare mosso, l'imbarcazione, già un relitto, non ha retto. Tra le prime esternazioni politiche è emersa - in termini mediatici - quella del ministro dell'Interno Piantedosi, che al termine dell'incontro con i rappresentanti di istituzioni e le forze dell'ordine della provincia di Crotone, svoltosi in prefettura dopo il naufragio, ha dichiarato: «L'unica cosa che va detta e affermata è: non devono partire»1.
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